
La morte di Stalin - 5 marzo 1953 nel racconto di Evgenija Solomonovna Ginzburg (una dirigente del partito che era stata deportata anni prima nella regione della Kolyma). In questo capitolo del suo bellissimo libro "Viaggio nella vertigine" descrive le speranze dei deportati che come lei erano scampati ai lavori forzati e si trovavano confinati a Magadan. Nei giorni attorno al 5 marzo 1953 si inaugurò l'uso, destinato a diventare consuetudine in tutti i regimi dittatoriali alla morte del capo, di trasmettere musica classica alla radio. Un igenico riempitivo in attesa di vedere chi prevarrà alla successione.
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Storia del gulag di Karaganda e della minoranza italiana, sterminata e dimenticata, di Crimea. Nel gulag, tra il 1931 e il 1960, passarono circa due milioni di prigionieri di 40 nazionalità diverse e si calcola che ben 500 mila di loro siano morti in prigionia
di Corrado Sforza-Fogliani - 21 Gennaio 2017 Il Foglio
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Aleksandr Solgenicyn in Arcipelago Gulag vol. 2, capitolo XVI “I Socialmente vicini” (pag. 435) fa una illuminante annotazione sulla psicologia dei comunisti:
“Nella coerente lotta contro l'individualità all'uomo è stato tolto in primo luogo un amico: il cavallo, promettendogli in cambio un trattore. (Come se un cavallo non fosse che forza trattrice dell'aratro, e non un amico che partecipa ai travagli e alle gioie, non un membro della famiglia, non una parte della tua anima!). Subito dopo incominciarono a perseguitare incessantemente anche l'altro amico, il cane.
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Le università americane sono dominate da professori di matrice marxista: le proteste inscenate dagli studenti contro il presidente eletto Donald Trump ne sono una conferma. Abbiamo assistito anche a patetici siparietti comici dei professori che hanno esentato gli studenti dagli esami per permettere loro di protestare e vandalizzare le città. Molte di queste università di matrice sociologico-marxista hanno addirittura fornito assistenza psicologica e -udite udite "pet terapy"- per far superare ai poveri studenti, lo shock causato alle loro zucche indottrinate, dell'esito delle elezioni democratiche.

La vera storia di Cuba è quella dei perseguitati dal regime, non quella che che ci hanno raccontato gli estimatori di Fidel in occidente. Un grande personaggio della sinistra latino americana, Jacobo Timerman – l’ex direttore del giornale La Opinion di Buenos Aires che aveva testimoniato l’inferno dei generali argentini nel suo bellissimo libro “Prigioniero senza nome, cella senza numero” – parlò di “una persuasione che diventa un rifiuto, non so se egoistico o inconsapevole, ad aiutare Cuba, povera, sola, muta, ultima isola stalinista, in un mondo che si è quasi del tutto liberato”.
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Dietro gli incontri ufficiali con i Papi e le strette di mano, Fidel Castro è stato uno spietato tiranno anche con i cristiani.
Roma. L’ultima volta che Fidel Castro ha incontrato il Papa risale a poco più di un anno fa. Era settembre e Francesco, prima di mettere piede negli Stati Uniti, aveva deciso di fare tappa a Cuba. Trenta minuti di colloquio a casa del dittatore in pensione, al termine della messa che era stata celebrata nella piazza della Rivoluzione dell’Avana.
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Fidel Castro (Fidel Alejandro Castro Ruz) nasce il 13 agosto 1926 da un soldato spagnolo che è venuto nell’isola a combattere contro i ribelli, c’è rimasto dopo l’indipendenza ed è diventato latifondista. Sua madre è una cameriera analfabeta, con cui il padre si è messo dopo aver lasciato la legittima consorte e madre dei suoi primi due figli, e che sposerà dopo una vedovanza più presunta che accertata.
A Cuba la Sanità costituisce un’eccellenza (tra i paesi del terzo mondo ndr): è gratuita, qualificata ed esportata in tutto il mondo (in tutto il mondo socialista ndr). Dai primi anni della Rivoluzione i medici di Fidel prestano aiuto negli altri Paesi: nel 1963 erano in Algeria a soccorrere i feriti della guerra d’indipendenza, nel 1986 curavano i bimbi colpiti dalle radiazioni della centrale di Cernobyl.
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Le foibe: anche un gran numero di italiani sono stati vittime della violenza comunista. I partigiani di Tito, e molti partigiani comunisti italiani si sono macchiati di azioni raccapriccianti: deportazioni, uccisioni gratuite, torture, e atti di sadismo hanno contraddistinto molte azioni della "resistenza" nelle zone di confine. Secondo le stime più attendibili sono oltre 10.000 gli italiani vittime delle azioni dei comunisti in Friuli e in Jugoslavia.