Aleksandr Solgenicyn in Arcipelago Gulag vol. 2, capitolo XVI “I Socialmente vicini” (pag. 435) fa una illuminante annotazione sulla psicologia dei comunisti:
“Nella coerente lotta contro l'individualità all'uomo è stato tolto in primo luogo un amico: il cavallo, promettendogli in cambio un trattore. (Come se un cavallo non fosse che forza trattrice dell'aratro, e non un amico che partecipa ai travagli e alle gioie, non un membro della famiglia, non una parte della tua anima!). Subito dopo incominciarono a perseguitare incessantemente anche l'altro amico, il cane.
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Le università americane sono dominate da professori di matrice marxista: le proteste inscenate dagli studenti contro il presidente eletto Donald Trump ne sono una conferma. Abbiamo assistito anche a patetici siparietti comici dei professori che hanno esentato gli studenti dagli esami per permettere loro di protestare e vandalizzare le città. Molte di queste università di matrice sociologico-marxista hanno addirittura fornito assistenza psicologica e -udite udite "pet terapy"- per far superare ai poveri studenti, lo shock causato alle loro zucche indottrinate, dell'esito delle elezioni democratiche.
La vera storia di Cuba è quella dei perseguitati dal regime, non quella che che ci hanno raccontato gli estimatori di Fidel in occidente. Un grande personaggio della sinistra latino americana, Jacobo Timerman – l’ex direttore del giornale La Opinion di Buenos Aires che aveva testimoniato l’inferno dei generali argentini nel suo bellissimo libro “Prigioniero senza nome, cella senza numero” – parlò di “una persuasione che diventa un rifiuto, non so se egoistico o inconsapevole, ad aiutare Cuba, povera, sola, muta, ultima isola stalinista, in un mondo che si è quasi del tutto liberato”.
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Dietro gli incontri ufficiali con i Papi e le strette di mano, Fidel Castro è stato uno spietato tiranno anche con i cristiani.
Roma. L’ultima volta che Fidel Castro ha incontrato il Papa risale a poco più di un anno fa. Era settembre e Francesco, prima di mettere piede negli Stati Uniti, aveva deciso di fare tappa a Cuba. Trenta minuti di colloquio a casa del dittatore in pensione, al termine della messa che era stata celebrata nella piazza della Rivoluzione dell’Avana.
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Fidel Castro (Fidel Alejandro Castro Ruz) nasce il 13 agosto 1926 da un soldato spagnolo che è venuto nell’isola a combattere contro i ribelli, c’è rimasto dopo l’indipendenza ed è diventato latifondista. Sua madre è una cameriera analfabeta, con cui il padre si è messo dopo aver lasciato la legittima consorte e madre dei suoi primi due figli, e che sposerà dopo una vedovanza più presunta che accertata.
A Cuba la Sanità costituisce un’eccellenza (tra i paesi del terzo mondo ndr): è gratuita, qualificata ed esportata in tutto il mondo (in tutto il mondo socialista ndr). Dai primi anni della Rivoluzione i medici di Fidel prestano aiuto negli altri Paesi: nel 1963 erano in Algeria a soccorrere i feriti della guerra d’indipendenza, nel 1986 curavano i bimbi colpiti dalle radiazioni della centrale di Cernobyl.
Cuba (supportata dalla propaganda comunista in occidente) si è sempre vantata di avere uno dei migliori sistemi sanitari al mondo. Questo pero' non ha fermato i medici cubani dal cercare di lasciare l'isola di Fidel, abbandonando la loro carriera e cercando i mezzi di sussistenza in altri settori. Il motivo principale per il quale i medici cubani emigrano in massa è facile da spiegare: mancanza di incentivi. Fare il medico a Cuba è un lavoro molto impegnativo e mal retribuito. A questo si aggiungono le restrizioni e le regolamentazioni imposte dal regime comunista alla classe medica. Sono necessari permessi speciali per lasciare il paese, pena il carcere.
Il Venezuela con la pancia vuota: "In fila per carne, latte e medicine, la rivoluzione ci affama". Nella lunga notte di Caracas: ospedali senza farmaci e bambini denutriti. A scuola insegnanti preoccupati perché i piccoli svenivano durante la lezione. Una crisi umanitaria che il governo di Maduro non riconosce. La Repuppblica 01 agosto 2016 - OMERO CIAI
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Le foibe: anche un gran numero di italiani sono stati vittime della violenza comunista. I partigiani di Tito, e molti partigiani comunisti italiani si sono macchiati di azioni raccapriccianti: deportazioni, uccisioni gratuite, torture, e atti di sadismo hanno contraddistinto molte azioni della "resistenza" nelle zone di confine. Secondo le stime più attendibili sono oltre 10.000 gli italiani vittime delle azioni dei comunisti in Friuli e in Jugoslavia.