Fidel Castro (Fidel Alejandro Castro Ruz) nasce il 13 agosto 1926 da un soldato spagnolo che è venuto nell’isola a combattere contro i ribelli, c’è rimasto dopo l’indipendenza ed è diventato latifondista. Sua madre è una cameriera analfabeta, con cui il padre si è messo dopo aver lasciato la legittima consorte e madre dei suoi primi due figli, e che sposerà dopo una vedovanza più presunta che accertata.
Cacciato dai salesiani per la sua condotta turbolenta, Fidel studia dai gesuiti. Da giovane pratica baseball, basket e nuoto, facendo a 18 anni la comparsa in "Bellezze al bagno", celeberrimo film acquatico di Esther Williams.
Dai gesuiti impara l’arte dell’oratoria, e negli anni della Seconda Guerra Mondiale si segnala per il suo ardente “tifo” per le potenze dell’Asse. All’Università, Facoltà di Legge, si affilia comunque al Partito Ortodosso, una formazione politica che si batte contro la corruzione. E si segnala anche come pericoloso pistolero: accusato di duplice omicidio, dopo aver partecipato a due fallite rivoluzioni in Repubblica Dominicana e Colombia sembra mettere la testa a posto: si sposa, fa un figlio, recupera in sei mesi gli esami che non ha fatto in due anni, si laurea e, nel 1950, apre un ufficio legale. Ma in tre anni di esercizio sono solo due i clienti in grado di pagargli una parcella. D’altra parte, con il colpo di Stato che nel 1952 porta al potere il generale Fulgencio Batista Fidel torna a sentire prepotente il richiamo della politica. E il 26 luglio 1953 con un gruppo di militanti ortodossi organizza un assalto alla caserma Moncada di Santiago di Cuba. Mal concepita e peggio condotta, l’azione si conclude in un disastro.
Ma gli stessi giudici che condannano Fidel a 15 anni gli permettono tuttavia di trasformare il processo in uno show. La Chiesa e anche il suocero, pezzo grosso del regime, mediano poi per l’amnistia che lascia tutti liberi in capo a un anno e mezzo. “Lascio Cuba perché mi sono state chiuse tutte le porte per una lotta pacifica”, dice Fidel il 7 luglio 1955, nell’imbarcarsi per l’esilio messicano. Tornerà infatti il 2 dicembre del 1956 sul battello Granma, su cui ha stipato 82 compagni d’avventura. Nel frattempo ha fondato il Movimento 26 Luglio, autonomo dal Partito Ortodosso, e ha pure divorziato dalla moglie, da lui accusata di spiarlo a favore del governo. Medico della spedizione è Ernesto Guevara: un medico argentino giramondo che i ribelli hanno conosciuto in Messico, ribattezzandolo “Che” per il suo uso continuo di un intercalare tipico dello spagnolo platense.
Lo stesso Guevara dirà che è stato “più un naufragio che un approdo”. Ma attorno ai 16 superstiti nelle accidentate montagne della Sierra Maestra si forma in breve un piccolo esercito. Non oltrepasserà i 2000 uomini, ma bastano contro un regime corrotto e un esercito che non ha voglia di combattere, mentre il grosso dei cubani sta a guardare e gli americani credono di assicurarsi per il futuro giocando le due carte contemporaneamente.
Il primo gennaio 1959, mentre Batista scappa in aereo, l’avanguardia dell’Esercito Ribelle entra all’Avana guidata dal Che. Il più sorpreso è lo stesso Fidel, che arriverà solo sei giorni dopo. Nel nuovo governo provvisorio solo 3 ministri su 15 vengono dalla guerriglia, mentre Fidel si accontenta di rimanere alla testa dell’Esercito Ribelle.
Ma già il 13 febbraio diventa primo ministro, e in capo a due anni sei ministri di quel governo saranno in esilio, e uno sarà stato fucilato. Il 4 febbraio 1960 la visita del vicepresidente sovietico Mikoyan annuncia l’alleanza tra Cuba e Mosca. Tra agosto e ottobre viene la nazionalizzazione dell’economia. Infine, dopo l’inizio dell’embargo Usa il 19 ottobre e la rottura delle relazioni diplomatiche con Washington il 31 gennaio 1961, la proclamazione ufficiale della natura “socialista” dell’isola avviene il 17 aprile 1961, al momento del fallito tentativo di sbarco di 1.500 anticastristi a Playa Girón. E dal 3 luglio 1962 inizia l’epoca del partito unico.
Fidel offre l’isola ai missili nucleari sovietici, ma quando il blocco navale deciso da Kennedy costringe Kruscev a ritirare gli ordigni a un passo dalla Terza Guerra Mondiale i rapporti per un po’ si allentano: i comunisti cubani ortodossi sono colpiti da una purga, il Che attacca pubblicamente Mosca, e Fidel tenta di fomentare in tutta l’America Latina movimenti di guerriglia concorrenziali ai partiti comunisti locali.
Questa seconda fase termina però con la morte del Che in Bolivia nel 1967, l’allineamento torna totale, e Cuba fornisce in gran quantità soldati per le guerre sovietiche nel Terzo Mondo, in cambio di petrolio e altre sovvenzioni per un ammonto pari a 10 miliardi di dollari in 32 anni. Preso in contropiede dal collasso dell’Urss, Fidel riesce però a sopravvivere, contando ancora sugli antichi risentimenti anti-Usa delle opinioni pubbliche latinoamericane. Da ultimo trova una specie di erede nel presidente venezuelano Hugo Chávez, che riprende in suo favore una politica di somministrazione di petrolio simile a quella sovietica. E negli anni dell’Ondata a sinistra latinoamericana la Cuba castrista recupera influenza e alleati nella regione. Tant’è che viene riammessa nell’Organizzazione degli Stati Americani da cui era stata esclusa, anche se rifiuta di rientrarvi. Alla fine, anche Barack Obama inizia un “Disgelo”.
Nel frattempo, però, la vecchiaia ha iniziato a farsi sentire. Dal 2006 inizia a cedere i poteri al fratello Raúl, anche se il processo non si concluderà formalmente che dopo un paio di anni. Ed è Raúl che inizia il processo di apertura economica e passaggio al mercato su cui Fidel mantiene un ruolo ambiguo: indirettamente critico nei molti scritti che continua a pubblicare, ma senza mai attaccarlo direttamente.
Un tono usato anche per la visita di Obama: vertice di questo processo che per ora però non contempla aperture politiche. Anche l’Ondata a sinistra in America Latina è passata, Chávez è morto, i governi alleati cadono o sono in difficoltà. Il 19 aprile 2016 Fidel Castro parla ancora nel corso della cerimonia di chiusura del VII Congresso nazionale del Partito Comunista. Dice che potrebbe essere “l'ultima volta” che prende la parola nell'assemblea, invita a mantenere vivi gli ideali comunisti. La morte arriva il 26 novembre: lo stesso giorno, 26, del suo anno di nascita e dell’attacco alla caserma Moncada.
di Maurizio Stefanini 26 Novembre 2016 - Il Foglio