Dopo aver lasciato l’Unione Sovietica Svetlana Alliueva, la figlia di Stalin, pubblicò a metà degli anni Sessanta, uno dopo l’altro, due libri di memorie: opere tanto più preziose in quanto l’autrice era la testimone più prossima e più diretta della vita di suo padre che fosse ancora in grado di esprimere il proprio pensiero. Stalin, infatti, aveva avuto cura di eliminare tutti coloro che lo circondavano.
Il primo volume, "Venti lettere a un amico", dà un giudizio severissimo su colui che per oltre un quarto di secolo aveva governato e martirizzato il suo paese, mentre il secondo, "Soltanto un anno", è innanzi tutto un atto d’accusa contro Lavrentij Pavlovic Berija, colpevole secondo Svetlana di essere stato l'istigatore di tutti i delitti staliniani e il responsabile dello sviluppo sistematico del terrore. A sostegno della propria tesi, forse in parte ispirata dalla pietà filiale, Svetlana invoca soprattutto la sinistra personalità di Beria: spietato verso tutti coloro che non erano al vertice del sistema o gli sbarravano la strada, meticolosamente crudele, sadico torturatore di personaggi illustri arrestati dietro suo ordine, come il maresciallo Bljuher; un perverso, ossessionato dal sesso e squilibrato, che faceva rapire dai suoi sgherri ogni ragazzina di cui s’invaghiva per stuprarla e poi sbarazzarsene; insomma, un assassino di innumerevoli vittime. Un ritratto ben poco lusinghiero, per lungo tempo condiviso dall’intera Unione Sovietica, ma che rispecchia fedelmente il carattere e le azioni di Beria quali si sono manifestati nel corso di circa un trentennio, tant’è che Stalin si compiaceva di chiamarlo «il nostro Himmler».
Amy Knight, eminente studiosa di storia dell’URSS ed esperta delle questioni relative alla polizia politica sovietica, a cui ha dedicato un saggio, in questa biografia di Beria non respinge la terribile fama di cui il protagonista è circondato, anzi ne conferma i lati più foschi e non cerca di spiegare o giustificare questo aspetto del personaggio. Il libro, però, è dedicato alla carriera di Beria, iniziata subito dopo la rivoluzione d’Ottobre e conclusa nell’estate del 1953, appena qualche mese dopo la morte di Stalin. E il Beria che la Knight osserva al microscopio è figura di gran lunga più complessa e ambigua del mostro descritto finora.
La tesi centrale dell’opera, espressa tuttavia in modo esplicito solo negli ultimi tre capitoli, è che Beria, per quanto perverso e pericoloso, dev'essere collocato nel ristretto pantheon dei riformatori comparsi in Russia nel corso della storia. Questi personaggi, di cui Pietro il Grande è il capostipite, sono pochissimi, e in genere tutt’altro che teneri nei confronti dei loro governati, ai quali hanno cercato di imporre le loro innovazioni spesso con i metodi più brutali. Secondo l’autrice, la storia sovietica annovera soltanto tre figure di questo genere: Beria, Kruscev e Gorbacev. Tutti e tre, sia pur per ragioni diverse, hanno fallito il loro scopo e perduto il potere: il primo ha perso anche la vita, mentre gli altri due, benché sconfitti, sono sopravvissuti, il che è segno di progresso.
Per la Knight, è Beria il vero riformatore, colui che forse, se non fosse stato eliminato, avrebbe potuto realizzare il suo progetto rivoluzionario. E in effetti, in più di un’occasione nel corso della sua spaventosa carriera, Beria è stato il simbolo del cambiamento. Nato in Georgia, nel 1921 entrò nella CEKA (prima denominazione della polizia politica) e in dieci anni giunse a dominare l’intero apparato politico delle nazioni caucasiche. Eccelse a tal punto nella sua funzione di capo di quella istituzione statale, l’epicentro del terrore diffusosi in tutta l’URSS, che Stalin lo chiamò a Mosca, affidandogliene nel 1938 la direzione generale. Nella capitale Beria, che nel Caucaso aveva fatto scorrere fiumi di sangue, succedette al terribile Ezov e apparve il simbolo del cambiamento e della pacificazione. Questo non gli impedì, durante e dopo la guerra, di far deportare, in condizioni abominevoli, alcune minoranze etniche accusate di collaborazionismo con l’esercito tedesco, né di riprendere a pieno ritmo le epurazioni. Nessuno, neppure la Knight, ha mai messo in dubbio che Beria traesse grande piacere dal terrorizzare ed epurare.
Ma il braccio destro di Stalin ne divenne anche il rivale, o almeno in tale luce fu visto da un dittatore che invecchiava e perdeva viepiù il controllo delle proprie facoltà. Si sapeva, grazie agli studi di storici dell’URSS come Schapiro, che all’inizio degli anni Cinquanta Stalin stava preparando una nuova epurazione, con la quale, secondo il suo costume, si proponeva ancora una volta di eliminare e sostituire i suoi più stretti collaboratori, Beria per primo. Tutti i precedenti capi della polizia avevano subito la stessa sorte; chissà se i colleghi del dittatore ormai in preda alla follia, Beria in testa, non ne abbiano accelerato la fine per sfuggire alla sua vendetta?
In un primo tempo Svetlana lo aveva creduto, anche se in seguito abbandonò tale ipotesi. Secondo la Knight, Beria può tutt’al più aver ritardato l’arrivo dei soccorsi che forse avrebbero salvato la vita di Stalin.
In ogni caso, scomparso il dittatore, nasce un nuovo Beria, il Beria liquidatore del sistema. Egli proclama un’amnistia, che a dire il vero riguarda in sostanza i detenuti comuni, e non le vittime della repressione politica, ma poco importa: per la seconda volta si fa strada in URSS l’idea che queste azioni siano indice di un cambiamento del clima dominante, di un’attenuazione del terrore. Per quanto riguarda ciò che accade oltre i confini sovietici, egli si dichiara favorevole a una svolta radicale a favore della Germania dell’Est e tende la mano a Tito, che Stalin aveva cercato invano di annientare.
E un fatto incontestabile: nei primi mesi del dopo Stalin, in URSS si respira un’aria nuova. E gli effetti di questa "primavera di Mosca" non tardano a farsi sentire: gli operai di Berlino insorgono, e per soffocarne la ribellione ci vorranno i carri armati sovietici; nei GULag si scatena un’ondata di scioperi. Intanto i colleghi di Beria, sconvolti dalla sua potenza in continua ascesa, convinti che ogni sua iniziativa sia unicamente finalizzata alla conquista dello stesso potere assoluto detenuto da Stalin, ma anche costernati dall’incipiente decomposizione del sistema, con un colpo di mano riescono a troncare questo straordinario destino.
L’arresto e la liquidazione di Beria danno luogo a un nuovo mistero: gli storici esiteranno a lungo fra la tesi ufficiale - arresto nell’estate del 1953, processo segreto, esecuzione - e la voce secondo cui Beria sarebbe stato assassinato al momento stesso dell’arresto. I documenti pubblicati in Unione Sovietica dal 1985 in poi hanno confermato la versione ufficiale; la Knight, che ha attinto a materiale in gran parte accessibile soltanto dopo il crollo del regime sovietico - articoli, memoriali, carte d’archivio -, è in grado di gettare una luce nuova su ciò che si sapeva dell’«Himmler sovietico» o di confermarlo sotto molti aspetti.
E certo, ed è comprensibile, che Beria abbia voluto fondare il proprio potere sulla rottura con lo stalinismo; un secondo Stalin sarebbe stato inaccettabile per una nomenklatura sicura di essere spazzata via nel momento stesso in cui questi fosse salito al potere, e il paese era troppo prostrato per sopportare una simile prova. E altrettanto evidente che Beria voleva presentarsi come un riformatore; ma con quali obiettivi? far uscire l’URSS dall’«era sovietica»? oppure creare una nuova forma di potere e, nonostante le riforme, consolidare il vecchio sistema?
La scomparsa di Beria ha lasciato in sospeso questi interrogativi, giacché gli storici non possono ragionare al condizionale; forse qualche elemento per una possibile risposta è contenuto nell’impresa tentata da Gorbacev. In quest’ultimo la Knight vede il successore di Beria, colui che ha promosso l’attività riformatrice ma a un certo punto ha temuto che le riforme potessero stravolgere l’intero sistema. Ci si chiede quindi se un sistema totalitario sia riformabile, oppure debba definitivamente scomparire, trascinando nella propria rovina quanti hanno cercato di modificarlo pur conservando l’arma del potere. Questa domanda fondamentale non può certo trovare risposta nel libro della Knight, poiché l’impresa di Beria fu di breve durata e interrotta in modo brutale, ma la sua approfondita analisi dello strano e contraddittorio destino del personaggio può servire a chiarire i termini della questione.
Hélène Carrère d’Encausse
Accademica di Francia
Introduzione al libro "Beria" di Amy Knight
Breve cronologia della vita di Beria
- 1899 - 29 marzo. Nasce nel villaggio di Merheuli, distretto di Subumi, in Georgia.
- 1915 - Beria si iscrive al Politecnico di ingegneria meccanica, a Baku.
- 1917 - Marzo. Beria si unisce all’ala bolscevica del partito socialdemocratico russo dei lavoratori.
- 1917 - 1918 - Giugno - gennaio. Beria presta servizio al fronte nell’esercito russo.
- 1919 - Beria consegue il diploma di perito meccanico al Politecnico; lavora per il governo del Musavat, a Baku.
- 1920 - Svolge attività clandestine per i bolscevichi; si iscrive al nuovo Istituto politecnico di Baku.
- 1921 - Febbraio. Beria si arruola nella Ceka dell’Azerbaigian. Autunno. Beria Sposa Nina Gegekori.
- 1922 - Novembre. Beria viene trasferito con la carica di vicepresidente alla CEKA georgiana, a Tiflis.
- 1924 - Nasce suo figlio Sergo.
- 1926 - Beria viene nominato presidente della GPU georgiana (succeduta alla Ceka).
- 1931 - Aprile. Beria assume la carica di presidente della GPU transcaucasica. Ottobre. Beria diventa primo segretario del partito comunista georgiano.
- 1932 - Ottobre. Viene nominato primo segretario dello Zakkrajkom.
- 1934 - Gennaio. Beria assume la dirigenza del partito comunista georgiano.
- 1938 - Agosto. Beria si trasferisce a Mosca come primo vicedirettore dell’NKVD. Novembre. Diventa dirigente dell’NKVD.
- 1939 - Marzo. Viene nominato candidato a membro del Politbjuro.
- 1941 - Gennaio. Beria ottiene il rango di commissario generale per la Sicurezza dello stato; viene nominato vicepresidente del Sovnarkom.
- 1941 - Giugno. Diventa membro del GKO.
- 1944 - Maggio. Viene promosso vicepresidente del GKO.
- 1945 - Luglio. Beria ottiene il rango di maresciallo dell’Unione Sovietica.
- 1945 - Secondo semestre. Beria assume la responsabilità del progetto per la bomba atomica.
- 1946 - Gennaio. Lascia l’incarico di capo dell’NKVD; resta vicepresidente del Sovnarkom.
- 1946 - Marzo. Diviene membro effettivo del Politbjuro.
- 1949 - 29 marzo. Viene insignito dell’ordine di Lenin.
- 1953 - Marzo. Beria diventa capo dell’MVD e primo vicepresidente del consiglio dei ministri.
- 1953 - 26 giugno. Beria viene arrestato.
- 1953 - 23 dicembre. Beria viene fucilato.