Giampiero Mughini: Arcipelago Gulag
di Giampiero Mughini 28 ottobre 2013 - Il Sole 24 Ore
Aleksandr Solzenicyn - Nato nel 1918, orfano di padre, laureato in matematica, a lungo un marxista e un leninista convinto (il miscuglio di «un marxista e di un democratico», dirà di sé più tardi), Aleksandr Solzenicyn era un capitano dell'Armata Rossa quando la polizia sovietica lo arrestò nel febbraio 1945. A guerra non ancora finita. Lo acciuffarono mentre era accucciato nel fango e nella neve bagnata di una postazione da cui stavano sparando contro i tedeschi.
Il clima culturale per la conoscenza dei Gulag
Anne Applebaum [in "Gulag"] spiega molto bene perché i Gulag e i crimini del comunismo sono sostanzialmente ignorati dall'opinione pubblica dell'Occidente.
Si potrebbe affermare che il contesto sociale, culturale e politico per la conoscenza del Gulag non esiste ancora. Mi sono resa conto per la prima volta di questo problema molti anni fa, mentre attraversavo il ponte Carlo, un'importante attrazione turistica di Praga, da poco tornata alla democrazia. Lungo il ponte c'erano artisti di strada e borseggiatori, e più o meno ogni cinque metri qualcuno vendeva proprio quello che ci si aspetterebbe di trovare in vendita in un tale luogo da cartolina.
Tufta: fare finta di lavorare
"Tufta": fare finta di lavorare - Non è facile spiegare con precisione che cosa fosse la tufta, parola che grosso modo vuoi dire "truffare il capo". Si tratta di una pratica talmente radicata nel sistema sovietico che non sarebbe corretto considerarla un'esclusiva del Gulag.
E non era nemmeno un'esclusiva dell'URSS. Un tempo il proverbio di epoca comunista "loro fanno fìnta di pagarci e noi facciamo finta di lavorare" era diffuso in molti paesi aderenti al patto di Varsavia.
I prigionieri che non hanno potuto evitare i "lavori generici" avevano bisogno di imparare a barare per sopravvivere alle durissime condizioni di lavoro in miniera o di tagliaboschi nelle foreste. I funzionari esercitavano una costante pressione sui prigionieri per obbligarli a produrre una determinata quota del lavoro (metri cubi di minerale, numero di tronchi abbattuti ecc). La direzione del lager assegnava delle quote di lavoro impossibili da raggiungere dato il clima, gli attrezzi forniti e sopratutto le poche calorie del cibo. Così, i prigionieri ricorrevano a molti modi ingegnosi per ingannare sulle loro quote: una pratica denominata tufta.
Evgenija Ginzburg fa un esempio di "tufta" nelle foreste. "Questa foresta è piena di cataste di legname tagliato da precedenti squadre di lavoro. Nessuno ha mai contato quante ce ne sono ... Se avete visto una piccola sezione a ciascuna estremità, sembra come se la legna sia stata appena tagliata. ... [..] siamo andati a prendere alcuni dei vecchi tronchi, 'rinfrescata' loro estremità in modo che sembrasse una nuova catasta. Questo trucco, che abbiamo battezzato 'rinfrescare i panini' per il momento ci ha salvato la vita.
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