Le radici marxiste del "politicamente corretto"
Nonostante l’espressione “politicamente corretto” venisse già usata nel XVIII sec., acquisì il senso in cui la intendiamo oggi a partire dagli anni 20 dello scorso secolo, nell’Unione Sovietica. Nel 1894 il leader rivoluzionario comunista Vladimir Lenin coniò il concetto partiinost’ - la mentalità di partito. Dopo pochi anni, venne sostituito da politicheskaya pravil’nost’ (politicamente corretto) come riferimento allo stesso concetto.
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Cosa hanno fatto i comunisti alla mia famiglia nei gulag sovietici
Il 9 febbraio 1940, Witold Rybicki, un bambino di sette anni, e la sua famiglia si svegliarono nel cuore della notte perché avevano bussato alla porta della loro casa a Lida, in Polonia (l'odierna Bielorussia). Fuori c'era un ufficiale della polizia segreta sovietica, allora chiamato NKVD (poi divenne KGB), che diede ordini a suo padre: “Non scappare. La tua casa è circondata da soldati. Hai un'ora per mettere in valigia i tuoi effetti personali. Non preoccuparti di portare molto. Tutto ciò di cui hai bisogno sarà a destinazione.”
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Tecnologie americane in Urss
In soli 10 anni (1930-1940) gli americani costruirono in URSS industrie chimiche, aeronautiche, elettriche, petrolifere, minerarie, carbonifere, metallurgiche e di altro tipo, i più grandi impianti d'Europa per la produzione di automobili, trattori, motori per aerei e altri prodotti.
Dissenso Anticomunista - Emanuele Bartoli
La strategia criminale del comunismo jugoslavo ha prodotto, con la complicità del partigianato comunista italiano, un numero enorme di vittime innocenti. Togliatti e l'apparato delinquenziale del partigianato comunista guidato da Luigi Longo hanno interpretato il ruolo di carnefici dei loro stessi fratelli. Belluno, Gorizia, Pordenone, Trieste, Treviso, Udine, e Vicenza, sono stati i luoghi della mattanza, oltre ai territori di Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Dalmazia, Istria, Montenegro, Serbia e Slovenia. Foibe, fosse comuni, annegamenti di massa, torture e deportazioni, sono state prodromiche ad un esodo epocale delle popolazioni di etnia italiana da quei territori, nei quali la ferocia garibaldina è stata complice del comunismo titino.
Emanuele Bartoli
Le rovine di un campo di prigionia russo per l'estrazione dell'uranio
Fotografie di una spedizione di ricercatori del museo che cercano di catalogare il Gulag sovietico prima che scompaia - 21:46, 14 agosto 2017 Fonte: Medusa
Il 12 agosto, il Museo di storia del Gulag di Mosca ha completato una spedizione nella regione di Magadan, dove i ricercatori hanno catalogato i resti del campo di prigionia “Butugychag”. A partire dalla metà degli anni '40, i detenuti di questa struttura estrassero e arricchirono l'uranio utilizzato per creare armi nucleari sovietiche. Meduza pubblica le foto di questa spedizione, insieme a un resoconto dell'esploratore capo, Roman Romanov, direttore del Museo di storia del Gulag di Mosca.
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Stiamo rovesciando la Storia, serve un elettroshok
«Stiamo rovesciando la Storia, serve un elettroshok»: l'intervista a Federico Rampini, sul palco a Verona - L'Arena 21 settembre 2022
Vecchi totem e nuovi tabù. È questo il titolo che Federico Rampini ha scelto per la serata che lo vede ospite del Festival della Bellezza, oggi, mercoledì 21, alle 21.15 al Teatro Romano. Il giornalista e saggista, residente negli Stati Uniti da oltre vent’anni, racconterà le questioni affrontate nel suo ultimo libro Suicidio occidentale. Perché è sbagliato processare la nostra storia e cancellare i nostri valori (Mondadori, 2022).
Rampini, cosa sono i vecchi totem di cui ci parlerà?
I vecchi totem sono il rigurgito di un antiamericanismo che è stato un dogma condiviso da tante tribù ideologiche della storia italiana, dagli ex fascisti agli ex comunisti, fino a una fetta di mondo cattolico. L’America, e quindi anche l’occidente, sono stati visti come il male supremo. E questa è la cultura che è diventata dominante perfino in tante università americane: descrivere l’America come l’impero del male è diventato una specie di nuovo dogmatismo.
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Suicidio occidentale. Perché è sbagliato processare la nostra storia e cancellare i nostri valori
di Federico Rampini
Se un attacco nel cuore dell’Europa ci ha colto impreparati, è perché eravamo impegnati nella nostra autodistruzione. Il disarmo strategico dell’Occidente era stato preceduto per anni da un disarmo culturale. L’ideologia dominante, quella che le élite diffondono nelle università, nei media, nella cultura di massa e nello spettacolo, ci impone di demolire ogni autostima, colpevolizzarci, flagellarci. Secondo questa dittatura ideologica non abbiamo più valori da proporre al mondo e alle nuove generazioni, abbiamo solo crimini da espiare. Questo è il suicidio occidentale. L’aggressione di Putin all’Ucraina, spalleggiato da Xi Jinping, è anche la conseguenza di questo: gli autocrati delle nuove potenze imperiali sanno che ci sabotiamo da soli. Sta già accadendo in America, culla di un esperimento estremo.
Si scrive Russia, si legge URSSIA
di Renato Cristin
Da due mesi la guerra in Ucraina sta uccidendo persone e distruggendo città, con un’intensità crescente e intollerabile, che va dalla devastazione dei centri urbani e dei territori, ai massacri della popolazione, crimini inammissibili e perseguibili come tali. Ed è dall’inizio della guerra che molti si chiedono cosa poteva fare l’Occidente per evitare l’aggressione russa, dove abbiamo sbagliato – e certamente errori di vario genere sono stati commessi –, ma l’ostacolo principale è stato (ed è tutt’ora) che l’Occidente non ha saputo parlare con la Russia perché ha scordato il linguaggio, il linguaggio adatto, che è fatto di parole, di argomentazioni ma anche di simboli, di atti e di risolutezza, pure sul piano militare, e di rispetto per l’avversario. L’Occidente di Eisenhower, di Adenauer, di Ronald Reagan e Giovanni Paolo II sapeva parlare all’URSS, perché oltre a rispettare il nemico ne conosceva l’essenza ideologica e la prassi politica, ed è stato anche grazie a quel linguaggio che l’impero sovietico è crollato. Oggi l’Occidente ha perduto quella conoscenza, e nel frattempo la tentazione sovietica, sempre viva non solo nelle alte sfere del Cremlino ma anche in una parte dell’opinione pubblica russa, si è riaffacciata e ha trovato forma, già dall’occupazione di parte della Georgia e poi della Crimea, nell’espansionismo veicolato con la guerra, sullo scacchiere mediorientale e su quello nordafricano.
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