Il Mondo al contrario - Roberto Vannacci

Il titolo la dice lunga sul tenore e sui contenuti di questo libro. “Il Mondo al contrario” vuole infatti provocatoriamente rappresentare lo stato d’animo di tutti quelli che, come me, percepiscono negli accadimenti di tutti i giorni una dissonante e fastidiosa tendenza generale che si discosta ampiamente da quello che percepiamo come sentire comune, come logica e razionalità. “Cosa c’è di strano? Capita a tutti, e spesso” – direte voi. Ma la circostanza anomala è rappresentata dal fatto che questo sgradevole sentimento di inadeguatezza non si limita al verificarsi di eventi specifici e circoscritti della nostra vita, a fatti risonanti per quanto limitati, ma pervade la nostra esistenza sino a farci sentire fuori posto, fuori luogo ed anche fuori tempo. Alieni che vagheggiano nel presente avendo l’impressione di non poterne modificare la quotidianità e che vivono in un ambiente governato da abitudini, leggi e principi ben diversi da quelli a cui eravamo abituati.

Basta aprire quella serratura di sicurezza a cinque mandate che una minoranza di delinquenti ci ha imposto di montare sul nostro portone di casa per inoltrarci in una città in cui un’altra minoranza di maleducati graffitari imbratta muri e monumenti, sperando poi di non incappare in una manifestazione di un’ulteriore minoranza che, per lottare contro una vaticinata apocalisse climatica e contro i provvedimenti già presi e stabiliti dalla maggioranza, blocca il traffico e crea disagio all’intera collettività. I dibattiti non parlano che di diritti, soprattutto delle minoranze: di chi asserisce di non trovare lavoro, e deve essere mantenuto dalla moltitudine che il lavoro si è data da fare per trovarlo; di chi non può biologicamente avere figli, ma li pretende; di chi non ha una casa, e allora la occupa abusivamente; di chi ruba nella metropolitana, ma rivendica il diritto alla privacy.

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"Io razzista? Invenzione dei media. E sugli omosessuali è solo statistica"

Il generale Roberto Vannacci: "Niente passi indietro. Se metterò a rischio la carriera lo avrò fatto per una causa giusta, la lotta al pensiero unico"

Veterano dei paracadutisti e dei corpi speciali, il generale Roberto Vannacci, ha servito il nostro paese a tutte le latitudini. E non ha mai avuto peli sulla lingua, come nel suo libro “Il mondo al contrario”, che sta scatenando una tempesta.

Generale se l’aspettava questa valanga di polemiche?

“Il caos è voluto e non certo da me. È un libro controcorrente, che si schiera contro il pensiero unico e chi vuole presentare una realtà distorta rispetto a quello che viviamo tutti i giorni”.

Il titolo del libro è Il mondo al contrario, ma rispetto a cosa?

“Al contrario rispetto al buonsenso, al sentire comune, alla normalità che si vuole distruggere. Quello che per la maggioranza è senso comune viene totalmente stravolto. Come la ragazza che soffre di ecoansia, che fa sembrare questa patologia un problema mondiale”.

Nel libro ha gli ambientalisti nel mirino. Perché?

“Soprattutto l’ambientalismo ideologico e lo faccio pubblicando i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità su chi inquina spiegando che il modo migliore per inquinare di meno è incrementare la ricchezza. Solo i paesi ricchi sono quelli più ambientalisti. Tutto il resto risultano panacee che non risolvono il problema”.

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Cominciamo dalla prima accusa: lei, che ha combattuto a tutte le latitudini, è razzista?

“Non sono razzista. Il fatto di avere combattuto fianco a fianco, mano nella mano, con persone di etnia africana, mediorientale, tajika, pasthun rivela proprio che l’accusa di razzismo è un’invenzione dei media. Senza mai tirarmi indietro ho rischiato la pelle, assieme ai i miei uomini, per ideali e principi di etnie diverse, se non le vogliamo chiamare razze. E’ la dimostrazione più evidente che non sono razzista e non ho alcun problema a vivere con persone che non fanno parte della mia etnia. Ma con questo non voglio dire che non esistono etnie, culture, civiltà diverse”.

Però ha colpito la frase su Paola Egonu somaticamente non italiana…

“E’ stata travisata. Paola Egonu è italiana, gareggia e rappresenta sicuramente l’Italia. Quello che dico è che i suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità come raffigurata da 4mila anni di storia fin dagli affreschi degli etruschi. Se vai in Papua Nuova Guinea e chiedi di fare il ritratto di un italiano non lo disegnano con la pelle nera perchè tradizionalmente non siamo neri”.

Cosa pensa dell’immigrazione?

“Attacco l’idea che il pensiero unico vuole fare passare. Oramai è in auge lo slogan che le società multiculturali sono migliori di quelle monoetniche. Non è vero che si tratta di un obiettivo al quale dobbiamo tendere attraverso l’abbattimento delle frontiere, che di conseguenza significa la fine di uno stato nazionale e di una civiltà. Una società si fonda stringendosi attorno a determinati valori condivisi da tutti. Perchè dovrei prendere una persona che non li condivide e forse li combatte inserendola dentro una società multiculturale dicendo che rappresenta un valore aggiunto? Soprattutto se non ha alcuna intenzione di integrarsi e vuole rimanere diverso. Le leggi si applicano a tutti, ma nel caso dell’omicidio di Saman (la giovane pachistana uccisa dai familiari nda) c’è chi parlava di attenuanti culturali. Significa che un reato commesso da un pachistano, che sta in Italia, è meno reato perchè viene dal Pakistan. È assurdo”

Il leit motiv del libro è la dittatura delle minoranze. A cosa si riferisce?

“Il problema è che ci sono tante minoranze, come il mondo Lgbt, che di fatto impongono restrizioni ad una maggioranza che la pensa in maniera totalmente diversa. Non mi puoi imporre un pensiero unico, l’impossibilità di criticare un eventuale omosessuale o una persona che va in giro vestita in una determinata maniera. Faccio l’esempio del kilt scozzese: nessuno si stranisce se lo usi ad Edimburgo, ma se vai in giro con la gonna a Palermo, alla Vucciria, può far sorridere. E se qualcuno ride non sta offendendo, perchè essere travestito è talmente minoritario rispetto alla maggioranza che suscita l’ilarità di qualcuno. Non può essere considerato un reato o un’esternazione di omofobia”.

Sugli omosessuali ha scritto che non sono normali, ma cosa intende?

“Questa espressione deriva da chi normale non è mai stato. Ho fatto una carriera nei corpi speciali, non unità normali e sport più anormali possibili. Quindi sono in buona compagnia con tutti gli omosessuali del pianeta. Prima di quella frase parto dall’etimologia della parola: normalità significa rispondere ad una norma, una consuetudine. Non dobbiamo avere paura di certe espressioni: la normalità o anormalità non sono buone o cattive, ma rispecchiano delle statistiche. Mangiare un cane a Perugia non è normale, ma a Pechino sì. Dare dall’anormale a un omosessuale lo rende solo quello che è ovvero parte di una minoranza. E far parte di una minoranza non ha un’eccezione negativa”.

Altre accuse parlano di trivialità, linguaggio scurrile. È proprio così?

“Assolutamente no. Ci sono delle citazioni in cui ho usato la parola 'merda' sostenendo che dire 'gay di merda' è altrettanto odioso e discriminatorio che gridare 'interista di merda', 'poliziotto di merda', 'operaio di merda' e così via. Per quale motivo per i gay dovrebbe essere più grave? Il mio libro usa un linguaggio molto schietto, ma come in una discussione fra persone civili. Una frase che ha fatto scalpore è quella sul maschio biologico che si fa chiamare con un nome femminile e magari gli da accesso alle docce, spogliatoi e bagni delle donne e ragazze con un “battacchio” in mezzo alle gambe. Avrei potuto usare termini più osè, ma voglio solo dire che come genitore di due figlie non mi sta bene”.

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Forse in alcuni passaggi ha esagerato, ma pensa che essere politicamente scorretti sia un tabù?

“Per me no avendo rotto questo tabù, ma per molta gente lo è diventato e questo non mi piace. Tantissime persone con le quali ho parlato la pensano nella stessa maniera, ma scriverlo o esprimerlo in tv diventa un tabù. E’ una limitazione dal libertà. La nostra bellissima civiltà occidentale si basa sulla libertà di opinione. Speriamo di non tornare indietro agli eretici, al rogo per opinioni diverse. Sono pronto ad argomenterà riga per riga del “mondo al contrario” sicuro di non avere offeso o insultato nessuno. Non ho usato un linguaggio sessista e non sono un omofobo”

Sulla legittima difesa non va giù troppo duro?

“Non ho istigato nessuno, ma solo fatto un esempio: se ho una matita nel taschino e la pianto nella giugulare di chi mi aggredisce perchè poi devo rischiare di venire accusato di eccesso di legittima difesa? Non potevo sapere se l’aggressore voleva ammazzarmi oppure no”.

Lo Stato maggiore dell’esercito ha più che preso le distanze. Cosa ne pensa?

“Me lo aspettavo, ma sono io il primo ad avere preso le distanze perchè ho pubblicato il libro come un’espressione libera e manifesta dei miei pensieri specificando che non rappresenta alcuna posizione istituzionale o governativa. Ovviamente bisogna fare lo sforzo di leggerlo per intero e non basarsi su frasi estrapolate utilizzate come gogna mediatica”.

Il suo libro potrebbe costarle la carriera. Tornerebbe indietro?

“Nessun passo indietro. Se metterò a rischio la carriera l’avrò fatto per una giusta causa, la libertà di espressione”.

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