Il martire che solo la Russia non capisce

La morte di Navalny indebolisce ancora di più l'immagine di Putin ai nostri occhi, sicuramente è un altro passo verso la non reversibilità del processo di isolamento di questa Russia dalle democrazie del mondo.

Yulia Navalnaya, vedova del dissidente anti Putin Alexei Navalny morto quattro giorni fa in un carcere siberiano, ha pronunciato ieri a Bruxelles davanti ai ministri degli Esteri dei Paesi Ue uno di quei discorsi destinati a rimanere nella storia degli uomini liberi, per alcuni una presa in eredità della missione del marito. Sono parole (all'interno trovate il testo integrale) che qualsiasi persona occidentale dotata anche solo di un barlume di orgoglio e buon senso non può che sottoscrivere, ma altrettanto non mi sento di dire del popolo russo. Certo, a Mosca e in qualche altra città, qualche centinaia, forse migliaia di manifestanti sono scesi in piazza per ricordare Navalny e per protestare contro il regime di Putin. Parliamo di persone coraggiose a cui va la nostra ammirazione ma restano comunque una goccia nel mare russo, il Paese più esteso, e fra i più popolati, del mondo.

Quando ci si chiede come possa Putin permettersi di mandare al macello centinaia di migliaia di giovani russi nell'acquitrino ucraino senza di fatto subire alcun serio contraccolpo, quando rimaniamo allibiti di fronte all'uso metodico che lui fa dell'omicidio per eliminare gli avversari politici non teniamo conto che il popolo russo guarda tutto ciò con occhi diversi dai nostri. Passati senza alcuna interruzione dalla dittatura zarista a quella comunista i russi non hanno mai sperimentato una vera democrazia e quindi hanno uno strano e offuscato concetto di diritti civili, della libertà e in fondo anche del valore della vita umana che non è bene assoluto bensì subordinato al volere del potente di turno.

Certamente la morte di Navalny indebolisce ancora di più l'immagine di Putin ai nostri occhi, sicuramente è un altro passo verso la non reversibilità del processo di isolamento di questa Russia dalle democrazie del mondo, ma paradossalmente Putin potrebbe uscire rafforzato nella sua folle leadership interna sia rispetto alla gerarchia militare e civile che nei confronti della maggioranza dei russi che pare proprio non cerchi alternative all'uomo forte che tutto decide e a tutto provvede con qualsiasi mezzo. Il nome di Alexei Navalny si aggiunge alla già lunga lista di martiri ed eroi russi della libertà e dei diritti.

Peccato che molti russi non lo sappiano e che a molti altri, pur sapendolo, poco importi.

 


 

Ciao, sono Yulia Navalnaya.

Oggi per la prima volta su questo canale voglio rivolgermi a voi. Non dovevo esserci io in questo posto, non dovevo registrare io questo video. Al mio posto doveva esserci un’altra persona, ma questa persona è stata ammazzata da Vladimir Putin. Tre giorni fa Vladimir Putin ha ammazzato mio marito Alexei Navalny. Putin ha ammazzato il padre dei miei figli, mi ha tolto la cosa più cara, la persona più vicina e amata. Non solo: Putin ha tolto Navalny a voi. Da qualche parte nella colonia oltre il Circolo polare artico, nel perenne inverno, Putin ha ammazzato non solo l’uomo, Alexei Navalny, ma assieme a lui ha voluto uccidere le nostre speranze, la nostra libertà, il nostro futuro, ha voluto distruggere la migliore prova che la Russia può essere diversa, che siamo forti e intrepidi, che crediamo, lottiamo e vogliamo vivere in modo diverso.

Tutti questi anni sono stata accanto ad Alexei: elezioni, manifestazioni, arresti domiciliari, perquisizioni, fermi, carceri, avvelenamento, di nuovo manifestazioni, arresti e carcere di nuovo. Il nostro ultimo incontro è stato a metà febbraio del 2022. La nostra ultima foto insieme. Esattamente due anni dopo Putin lo ammazzerà. Tutti questi anni sono stata insieme ad Alexei, ero felice di stare con lui e di sostenerlo. Ma oggi voglio essere con voi, perché so che anche voi avete subito una perdita non minore della mia. Alexei è morto nella colonia dopo tre annidi sofferenze e torture. Non stava scontando la sua pena come fanno gli altri detenuti, ma veniva torturato, tenuto in carcere di rigore, in una scatola di cemento armato. Immaginatevi soltanto questo: è una stanza di 6-7 metri quadrati, dove non c’è niente salvo uno sgabello, un lavandino, un buco nel pavimento al posto del bagno e un letto che viene attaccato al muro per impedire di sdraiarsi. Un bicchiere, un libro e una spazzola da denti. Non c’è di più, non c’è nient’altro. E così è stato per centinaia di giorni. Lui veniva maltrattato, separato dal mondo, non gli davano la penna né la carta per scrivere una lettera a me o ai nostri figli, lo affamavano da tre anni. Ma lui non si arrendeva e ci sosteneva in continuazione. Ci risollevava il morale, rideva, scherzava, incoraggiava, non dubitava nemmeno per un attimo per che cosa stava lottando e per che cosa stava soffrendo.
Era impossibile sottomettere mio marito e proprio per questo Putin l’ha ammazzato in modo vergognoso e codardo, senza mai decidere di guardarlo negli occhi o semplicemente citare il suo nome. E nello stesso modo infame e codardo ora nascondono il suo corpo, non lo fanno vedere a sua madre, non glielo concedono e mentono in modo meschino aspettando che spariscano le tracce del nuovo Novichok di Putin. Sappiamo in modo preciso per quale motivo Putin ha ammazzato Alexei tre giorni fa.

Ve lo racconteremo presto, scopriremo assolutamente chi e in che modo ha eseguito questo delitto. Citeremo i nomi e faremo vedere le facce. Ma la cosa più importante che possiamo fare per Alexei e per noi stessi è continuare a lottare. Lottare di più, in modo più accanito e audace di prima. Lo so che sembra che non sia possibile fare di più, ma bisogna farlo. Bisogna riunirsi, diventare un pugno solido e sferrare con questo pugno un colpo a questo regime impazzito, a Putin, ai suoi amici, ai banditi con le spallette, ai ladri e agli assassini che hanno mutilato il nostro Paese.

Lo so, lo sento che vi sta dilaniando la domanda: ma perché è tornato, perché si è consegnato volontariamente nelle grinfie di quelli che una volta l’avevano quasi ammazzato? A che serve un sacrificio del genere? Avrebbe potuto vivere tranquillamente, occuparsi di se stesso, della famiglia. Avrebbe potuto non parlare, non fare inchieste, non intervenire e non lottare. Ma lui non poteva non farlo. Alexei più di tutto al mondo amava la Russia, amava il nostro Paese, voi, credeva in noi, nella nostra forza, nel nostro futuro, nel fatto che meritiamo una vita migliore.

Ci credeva non a parole, ma coi fatti. Ci credeva in modo così profondo e sincero che era pronto a sacrificare per questo la propria vita. E il suo grande amore ci basterà per continuare la sua causa per tutto il tempo che ci vorrà, nello stesso modo accanito e coraggioso di Alexei. Tutti pensano adesso: ma dove possiamo prendere queste forze, come continuare a vivere? Ecco dove possiamo prendere queste forze: nella sua memoria, nelle sue idee, nei suoi pensieri, nella sua inesauribile fede in noi. Io cercherò le mie forze proprio in questo. Avendo ammazzato Alexei, Putin ha ammazzato metà di me, metà del mio cuore, metà della mia anima. Ma mi è rimasta la seconda metà e mi suggerisce che non ho diritto di arrendermi. Continuerò la causa di Alexei Navalny, continuerò a lottare per il nostro Paese e vi invito a starmi accanto, a condividere non solo il crepacuore e il dolore infinito che ci ha avvolti e non ci lascia. Vi prego di condividere con me la furia, la rabbia, l’odio nei confronti di quelli che hanno osato ammazzare il nostro futuro. Mi rivolgo a voi con le parole di Alexei nelle quali lui credeva tanto: «Non è vergognoso fare poco, è vergognoso non fare niente, è vergognoso lasciarsi intimidire».

Dobbiamo sfruttare ogni occasione, lottare contro la guerra, contro la corruzione, contro l’ingiustizia. Lottare per le elezioni oneste e per le libertà di parola, lottare per restituire il nostro Paese a noi stessi. Una Russia libera, pacifica e felice, una Russia bella del futuro che sognava così tanto mio marito: ecco quello che ci vuole. Voglio vivere in una Russia così, voglio che ci vivano i nostri figli. Voglio costruirla assieme a voi. La voglio costruire giusto così come se la immaginava Alexei Navalny, piena di dignità, equità e amore. Solo così e in nessun altro modo. Il sacrificio impensabile che ha fatto lui può diventare non inutile. Lottate e non arrendetevi. Io non ho paura di niente e non abbiate paura di niente anche voi.

 

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